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Alone In The Dark: Recensione


Looks like crap, plays like crap… mmm… what a crappy game“. Questo, in estrema sintesi, sarebbe il giudizio di un recensore “anglofono” su un gioco pessimo, ed è sempre questo, in estrema sintesi, il pensiero fisso che ho avuto in mente giocando ad Alone In The Dark.

Al di là di divagazioni poliglotte (la traduzione letterale non è abbastanza “polite” per essere riportata), Alone In The Dark è il classico gioco che porta a chiedersi perché facciano ancora uscire giochi per la PS2, visto che ormai la PS3 ha preso piede in tutto il mondo. O, equivalentemente, ci si può chiedere perché il “crappy” Alone In The Dark sì e Sega Rally Revo e Virtua Tennis 3 (giusto per citare due titoli PS3 convertiti per PSP, quindi facilmente adattabili anche sulla PS2) no. Anyway, sono interrogativi ai quali non avremo mai risposta, quindi meglio lasciar perdere…
 
La saga di Alone In The Dark è un pezzo importante di storia del videogioco. Il pezzo mancante per chi crede che il genere horror-action lo abbia inventato Resident Evil. Alone In The Dark è arrivato molto prima, e se anche non ha mai raggiunto le vette qualitative del capolavoro Capcom, ha comunque avuto l’indubbio merito di inventare un genere.
Nel corso degli anni, però, la saga ha subito un lento declino, dagli obbrobriosi episodi di metà anni 90 fino al trascurabile AITD: The New Nightmare uscito agli albori di PS2 e al tramonto di PSX; un gioco tutto sommato più che sufficiente per quest’ultima, largamente insufficiente (soprattutto dal pdv grafico) per la neonata PS2.
E’ passata una generazione esatta, ora sono i 128-Bit di PS2 ad essere ormai in declino e Alone In The Dark ritorna con la stessa triste mediocrità della sua precedente apparizione.
 

Nell’opera di Eden Studios si legge il tentativo disperato di superare i canoni, ormai più che abusati, del genere horror, di costruire “qualcosa” che possa, se non ridefinire il genere, almeno aggiungervi elementi capaci di suscitare nuovo interesse negli appassionati. Peccato che questo ingrato compito sia stato già assolto, in modo impeccabile, da un certo Resident Evil 4.
Ancora una volta, impersoniamo Edward Carnby, il capelluto investigatore già protagonista del prequel. All’inizio del gioco, a dire il vero, impersoniamo le palpebre del nostro eroe, e la prima task che ci viene affidata è quella di “sbattere gli occhi” dell’intontito Carnby in modo che la vista rimanga a fuoco. Fantastico. Meraviglioso. Dovremo farlo per 5 minuti buoni, il tempo che il nostro carceriere ci trascini in un sottoscala per farci le penne. Ma sarà lui ad essere ucciso dalla “cosa” di turno, e noi potremo invece darci alla solita, noiosissima investigazione. Yawn. Segue un altrettanto noioso tentativo di salvare due sconosciuti (una donna in delirio e il suo compagno fifone), col joypad già pronto a penzolare dalle mani del sonnolento gamer disperato.
 

Ma non vogliamo essere ingrati con Alone In The Dark, no. Palpebre a parte, il gameplay offre (poche) soluzioni tutto sommato interessanti, su tutte l’intelligente uso del fuoco, nemico ostinato nelle prime fasi di gioco, prezioso alleato nella risoluzione degli enigmi e nei combattimenti in seguito, come quando ci troveremo ad usare bottiglie vuote e stracci per costruire Molotov o ad agitare sedie infuocate contro le creature del male.
Beh, già che ci siamo, parliamo un po’ di questo “male”. Central Park, NY, un antico rituale spiritico che risveglia qualcosa di mostruoso dal profondo della terra. Mamma, che paura. E soprattutto, quanta originalità. Più che Silent Hill, Alone in The Dark soffre di rimandi prepotenti a Fahreneit, peccato che quest’ultimo fosse un gran gioco, al contrario del titolo Eden Studios, che annaspa nella mediocrità anche dal punto di vista narrativo.
 

Dulcis in fundo, il comparto tecnico. E qua, miei cari possessori di PS2 in apnea da carenza di nuove uscite, siamo davvero alla frutta. Era dai tempi dell’immondo Die Hard Vendetta che non vedevo qualcosa di così mediocre, con modelli poligonali di dubbia complessità, textures sporche, aliasing dilagante e animazioni che sono un inno alla legnosità. Niente male anche il sonoro, ugualmente mediocre.
Tecnicamente, Alone In The Dark ricorda molto alcuni scadenti tie-in di successo come Matrix – The Path of Neo e Constantine.
Giochi abbastanza scarsi, da sufficienza risicata, a fronte di un gameplay tutto sommato dignitoso. Alone In The Dark, invece, è penoso sotto tutti i fronti. Nella sua infinità mediocrità, un gioco perfetto, come un certo numero.
E numero perfetto sia.
 
VOTO: 3

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