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Call of Duty: World at War – Recensione

Anche “back in time” l’ultima evoluzione del potente franchise bellico di Activision si conferma un titolo solido e un sicuro acquisto per gli amanti degli FPS tattici. E conferma anche una cronica mancanza di idee.

Non ce ne vogliate, fan di Call of Duty, ma è un dato di fatto che gli sviluppatori di Treyarch si stiano dimendando come pesci appena pescati nel disperato tentativo di inventare qualcosa. Qualcuno ha voluto parlare di “passo più lungo della gamba” con Call of Duty: Modern Warfare, col suo setting moderno a fare da teatro ideale per le scorribande in multiplayer. Il team di sviluppo ha quindi deciso di accogliere le richieste di una frangia (ottusa, a mio parere, ma tant’è) e buttare fuori un titolo che utilizza lo stesso motore di COD: Modern Warfare ma l’ambientazione storica dei prequel.
 
La modalità singleplayer, cuore del gioco, è molto avvincente e ben strutturata, e ci consente di vivere la guerra nei panni di un soldato russo impegnato contro le forze tedesce e di un militare americano in battaglia contro i giapponesi tra le isole del Pacifico. Entrambi gli scenari sono resi con grande cura sotto tutti gli aspetti; le ambientazioni sono veramente realistiche e ben riprodotte fin nei minimi particolari (anche in quella PS2, la meno performante per ovvi motivi), così come i segni distintivi dei vari eserciti; perfetto anche il doppiaggio, soprattutto quello dei nostri superiori, che ci aiuterà non poco a calarci nei panni di un piccolo insignificante soldato, carne da macello come tutti gli altri.
 
Anche gli intermezzi tra le missioni sono molto d’atmosfera, con immagini, video e statistiche che allineano la narrazione al conflitto reale. Una narrazione che sfocia in una parte giocata ben più brillante quando si gioca, manco a dirlo, nei panni dei soldati a stelle e strisce. Innanzitutto, potremo beneficiare di due nuove armi, la baionetta e il lanciafiamme, con qui infilzare o arrostire i “simpatici” kamikaze nipponici che ci si fionderanno letteralmente addosso, magari incuranti della pioggia di proiettili. Quando invece saremo chiamati a rivestire il ruolo dell’infreddolito combattente sovietico, vivremo una logorante e statica guerra di trincea, comunque appagante ed in linea con l’esperienza di gioco tradizionalmente proposta dalla serie.
 

Ottima la modalità multiplayer, in split-screen a 2 giocatori oppure a 4 online in cooperativa: si può rivivere, in compagnia di altri giocatori, le stesse missioni della modalità singleplayer. Il competitive scoring esalta le abilità eroiche dei singoli combattenti, impegnati a salvare compagni e falciare nemici per superare il punteggio dei compagni di squadra; peccato che questo finisca spesso e volentieri per vanificare il principio cooperativo di tale modalità, con i quattro soldati che giocano a “fare gli eroi” e si lanciano a testa bassa in battaglia ignorando i compiti di stazionamento e copertura, pur di rimpinguare il proprio score.
 
Poco altro da dire, e questo non è forse un bene per Call of Duty: World at War, titolo solido e ben fatto ma tremendamente “ordinario”, pur se qualitativamente notevole. Il concept di gioco del titolo Treyarch comincia a puzzare di stantìo e la valutazione, specie al cospetto di capolavori come Bioshock e Far Cry 2, ne deve necessariamente tenere conto.
 
VOTO: 8

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