A distanza di 10 anni dall’unltimo episodio della serie, Bethesda riesce nell’impresa impossibile di riesumare un franchise defunto, rivoluzionarne il gameplay e dare vita, in tutto ciò, ad un nuovo capolavoro.
Chissà se, alla fine del secolo scorso, i Black Isle hanno mai pensato ad una possibile evoluzione della struttura di gioco per il loro mitico franchise. Nel giro di soli 2 anni, a fine 1998, Fallout 1 & 2 avevano già un folto seguito di affezionati giocatori, che magari attendevano, nel giro di breve tempo, un nuovo episodio della serie. Di fatto, esclusa la parentesi del sottovalutato Fallout Tactics, c’è voluto un decennio affinché il nome Fallout tornasse ad essere sinonimo di RPG di qualità. Ma, visto il risultato finale, possiamo ben dire che la pazienza è stata più che ricompensata.
Fallout 3, più che un esperienza di gioco, è un’esperienza di vita. Un enorme mondo post-apocalittico che si schiude davanti ai nostri occhi, un mondo da esplorare, in cui combattere, interagire, girovagare, e soprattutto vivere. Immaginate cosa possa significare essere immersi in una città enorme come Washington DC, trasformata in una terra desolata e ricoperta di macerie da un cataclisma. La sensazione di fatiscienza, di abbandono, e se vogliamo anche di solitudine del personaggio è qualcosa di incredibile e nel contempo angosciante, una sensazione forte come non se ne provavano, a parere di chi scrive, da quando ci siamo avventurati, nei panni di Aya Brea, nel deserto del Mojave (Parasite Eve 2). Il paragone è ardito e remoto, ma chi ha giocato anche quel capolavoro forse capirà.
Eppure, a conti fatti, non siamo soli, Ci sono decine di NPCs ad aspettarci, alcuni per svelarci dettagli sulla trama, altre per indirizzarci verso quest e sub-quest, altri semplicemente per fare numero. Certo che, in Fallout 3, la sensazione di essere parte integrante di uno sparuto gruppo di (s)fortunati sopravvissuti è davvero ben ricreata. E così, dell’anno del Signore 2277, cose come cercare il proprio padre – misteriosamente scomparso – o sventare le trame politiche degli “sciacalli” del dopo-catastrofe diventano interesi tutto sommato secondari di fronte alle miriadi di possibilità offerte da un esaltante gameplay.
Tantopiù che, in Fallout 3, si ha quasi paura di andare avanti, di perdere qualche dettaglio dell’intrigante storia, di non esplorare qualche luogo che potrebbe essere foriero di nuove rivelazioni. E’ il classico “panico da RPG”, in cui ci si augura sempre di scegliere il path secondario in modo da completare le varie sub-quest e poi ritornare sul sentiero principale. Ma state tranquilli che, anche una volta arrivati alla fine, verrete assaliti dal desiderio di ricominciare, cambiando le vostre scelte e, con loro, anche il destino del protagonista. Fortuna che il gioco, per quanto vasto, non è dispersivo né lascia il giocatore privo di indizi su come proseguire.
Certo, per quanto liberi, avremo comunque un’etica cui attenerci durante il gioco. Vedere il karma che crolla a picco dopo aver compiuto un’azone spregevole non è proprio il massimo, ma l’importante sarà acquisire una propria identità in base alla quale cambierà il modo in cui gli NPCs interagiranno con noi. Le scelte fatte si ripercuoteranno inevitabilmente sul finale, arricchito da una pletora di ending-scenes diverse a seconda delle quest che avremp portato a compimento; un’ulteriore incentivo alla rigiocabilità, già “gonfiata” dall’eccelsa qualità del titolo.
Quanto alle fasi di gioco vero e proprio, potremo scegliere tra una cinematografica inquadratura in terza persona e una, più immersiva, in prima; certo è che, durante i combattimenti, sarà pressoché inevitabile passare all’inquadratura in soggettiva, ed ecco che ci troveremo per le mani una specie di FPS dalla profondità notevole; di fatto, comunque, spesso ripudieremo l’azione dura e pura per ripiegare sul VATS (Vault-Tec Assisted Targeting System), un sistema, alimentato da action points, di puntamento automatico di specifiche parti del corpo del nemico; In questi frangenti il gioco mostra un tasso gore inaspettato, con arti smembrati che volano e fiotti di sangue a iosa.
In tutto questo, un plauso particolare va al comparto tecnico, semplicemente micidiale. Tutto, dalle ambientazione ai modelli delle creature, umane e non, denota una notevole cura ed abbondanza di poligoni. I programmatori Bethesda si sono spesi non poco per ricreare una perfetta atmosfera post-apocalittica, che per quanto collocata nel futuro riecheggia i miti dell’America del secondo dopoguerra. Ottimi gli effetti, corposi ed appropriati, ed evocative le musiche, perfettamente calzanti con l’ambientazione.
Bottom Line: Fallout 3 è il modello perfetto di RPG “alla occidentale”. Oltre a questo, è un gioco impeccabile sotto il profilo del gameplay, equilibrato e vario, e dal punto di vista tecnico, a dir poco ammaliante. Ode a Bethesda per aver ridato vita ad un franchise da anni morto e sepolto, e per aver prodotto, con ogni probabilità, il miglior titolo che possiate desiderare questo Natale.
VOTO: 9,5
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