L’iconico Half-Life, gioco che ha rivoluzionato il mondo dei videogame, deve la sua immortale bellezza soprattutto ad una persona.
Se l’industria videoludica ha avuto la sua prima epoca d’oro negli anni ’80, la definitiva consacrazione di questo medium è avvenuta tra la metà e la fine degli anni ’90. Proprio nella seconda metà di quel decennio infatti sono state implementate le modifiche che hanno portato alla maturità dei videogame.
In quegli anni sono uscite opere iconiche come Tomb Raider, Metal Gear Solid, Resident Evil, Silent Hill, GTA, Gran Turismo e soprattutto Half-Life. Stiamo parlando infatti di videogiochi che hanno apportato novità che poi sono diventate strutturali all’interno del medium, chi attraverso dinamiche di gameplay, chi attraverso la narrativa e chi attraverso una gestione innovativa della fisica di gioco.
Ecco Half-Life era innovativo in ognuno degli aspetti citati, tanto da diventare in brevissimo un metro di paragone per tutti gli altri titoli dell’industria. Il 19 novembre questo iconico videogame ha compiuto 25 anni e per l’occasione Valve ha deciso di fare un regalo a tutti coloro che lo hanno amato.
Lo sviluppatore ha infatti pubblicato una serie di aggiornamenti per migliorare il gioco e risolvere gli ultimi bug rimasti, ha aggiunto nuovi livelli ed ha di fatto offerto a chi lo ha amato una motivazione per tornare a giocarci.
Quest’atto d’amore di Valve per Half-Life non è solo un’operazione commerciale ma un gesto dovuto. Il successo dello sviluppatore americano comincia proprio da Half-Life e nessuno se n’è dimenticato. Oggi Valve è conosciuta soprattutto come l’azienda che gestisce Steam, ma sicuramente avrete giocato a capolavori come Counter Strike e Portal, giochi fenomenali che nascono come mod di Half-life 2.
Insomma tutto il successo di Valve ruota attorno a quell’opera prima ed è per questo che insieme agli aggiornamenti e alle celebrazioni, l’azienda ha anche riunito gli sviluppatori di quel primo capitolo per un documentario di un’ora in cui si parla di com’è nato. Proprio dal documentario scopriamo che quel successo è stato merito di poche persone.
All’epoca (stiamo parlando della fine degli anni ’90) non c’era bisogno di centinaia di persone per creare un videogioco. Addirittura inizialmente le persone coinvolte hanno lavorato separatamente ai propri compiti, per unirsi solo in un secondo momento e mettere tutto insieme.
Così scopriamo che l’iconica Black Mesa, la struttura in cui il protagonista si trova imprigionato, è opera di una sola persona: Karen Laur. È stata proprio lei a creare tutte le texture del gioco che poi sono state utilizzate per la creazione dei livelli, una mole di lavoro gigantesca che ha dato un contributo fondamentale per la resa definitiva degli ambienti di gioco.
Ricordando quel periodo, Laur ha detto: “Inizialmente avevo un gruppo di texture e ogni volta che ne creavo una c’era qualcuno, chiunque stava lavorando ad un livello, che veniva e diceva: ‘oh che bello, nuove texture, le utilizzo'”. Laur non aveva nemmeno il tempo di rifinirle che qualcuno le prendeva per utilizzarle nei livelli a cui stava lavorando. Alla fine fu costretta a suddividerle in base ai livelli per cui le avevano prese i colleghi e a modificarle in seguito.
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