Aruhiro Tsujimoto, COO di Capcom, ha fatto infuriare i videogamer lamentandosi del fatto che i videogame vengano venduti a prezzi troppo bassi.
L’attuale generazione di console ha fatto il suo debutto con una novità che non ha fatto molto piacere ai consumatori: i videogame sono aumentati di prezzo, passando dai 69.99 ai 79.99 euro al lancio. L’aumento è stato giustificato da Sony e Microsoft con la necessità di rientrare dei costi di produzione dei titoli AAA, sempre più esigenti in termini di risorse da investire.
In queste settimane la questione costi è uscita più volte. Il primo a parlarne è stato Phil Spencer (Boss degli Xbox Game Studios), il quale ha dichiarato che a suo avviso i titoli AAA sono destinati a scomparire proprio per l’enorme costo di sviluppo. Una dichiarazione che ha fatto temere un minore impegno di Microsoft nella produzione di titoli ad alto budget. Sebbene dall’altra parte l’ormai ex Ceo di Sony Playstation – Jim Ryan – abbia ribadito giorni fa l’impegno della compagnia nella produzione di single player AAA, le recenti mosse della compagnia nipponica sembrano andare in direzione contraria: Sony sta producendo molti Gaas e sembra aver ridotto i single player.
In un simile contesto le dichiarazioni di Aruhiro Tsujimoto, COO di Capcom, non stupiscono più di tanto. Questo infatti ha sottolineato come il prezzo dei videogame sia troppo basso per ripagare i costi di sviluppo e dunque evidenziato l’esigenza di trovare una soluzione. Questa potrebbe essere un ulteriore rincaro, oppure il dirigersi verso la produzione di titoli dal costo produttivo inferiore. Ha senso dunque infuriarsi per le sue dichiarazioni?
In un mercato in cui Xbox punta sui servizi, cancellando di fatto i proventi dalla vendita dei videogiochi per la propria azienda (i giochi vengono tutti condivisi gratuitamente al day one agli abbonati), sentir dire che il prezzo dei videogame è troppo basso stride. Tuttavia la sola Microsoft sembra remare in questa direzione, visto che sia Nintendo che Sony continuano a richiedere il pagamento del costo pieno dei titoli prodotti.
In un simile scenario le dichirazioni di Phil Spencer sembrano voler spingere il mercato verso un modello produttivo differente, in cui lo sviluppo costa meno e la perdita per la mancata vendita sia minore. Tuttavia il problema non riguarda solo Microsoft, ma l’industria tutta. Ormai i titoli AAA devono vendere svariate milioni di copie per generare profitto significativo e ogni volta che un’azienda fallisce in questo obiettivo si rischia di veder cancellate per sempre ip dall’enorme potenziale (The Order 1886 e The Callisto Protocol sono due esempi).
La riduzione dei costi di produzione in ogni caso non dev’essere necessariamente sinonimo di minore qualità. La dimostrazione l’ha data proprio quest’anno Nintendo con The Legend of Zelda: Tears of the Kingdom. L’ultimo capitolo dell’amata saga gdr, infatti, riesce a stupire sia dal lato delle meccaniche di gioco che da quello artistico. Non è dunque impossibile trovare un compromesso che permetta di sviluppare videogame di assoluto valore senza spendere milioni e milioni di euro, a patto che si sia disposti a rinunciare alla grafica “spaccamascella” ed alla presenza di attori hollywoodiani che danno il volto e la voce ai protagonisti.
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